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07/03/2017

Cinema: Moonlight, il film premio Oscar di Berry Jenkins

Cinema: Moonlight, il film premio Oscar di Berry Jenkins

L’Academy lo ha premiato come Miglior Film nel corso della 89^ edizione della cerimonia degli Oscar, svoltasi lo scorso 26 Febbraio. Si tratta di Moonlight, film drammatico scritto e diretto da Barry Jenkins, che si aggiudica l’ambita statuetta anche nelle categorie Migliore Attore Non Protagonista, per l’interpretazione di Mahershala Ali e Migliore Sceneggiatura Non Originale. La pellicola è infatti tratta dall’opera teatrale “In Moonlight Black Boys Look Blue” di Tarell Alvin McCraney.

Moonlight racconta la storia di un giovane omosessuale di colore, cresciuto nella periferia malfamata di Miami, dove lo spaccio di droga è consuetudine e l’appartenenza al branco, con la sua buona dose di violenza, è indispensabile sin da giovanissimi per la sopravvivenza. Lo fa attraverso tre capitoli dedicati a tre diverse età del protagonista, Chiron: l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta

Nel primo capitolo Chiron bambino, interpretato da Alex Hibbert, è da tutti chiamato Piccolo, è un bimbo schivo e solitario, ben diverso dai suoi coetanei,  che non perdono occasione per questo di aggredirlo e  schernirlo. Ma il bambino deve fare soprattutto i conti con una situazione familiare drammatica; privo di padre, ha una madre tossicodipendente che non è in grado di prendersi cura di lui. Quando casualmente incontra Juan (Mahershala Ali), spacciatore del quartiere, Chiron trova in lui e nella sua compagna Teresa due persone disposte ad ascoltarne i silenzi e a rispondere alle prime domande sulla propria sessualità. Sarà Juan a insegnare a Chiron a nuotare e a scoprire l’amore per il mare, unico rifugio sicuro ai dolori della vita. È proprio sulla spiaggia che avviene la prima, parziale, esperienza sessuale di Chiron, ormai adolescente, con l’amico di sempre, Kevin, che rimarrà scolpita nella memoria del ragazzo come un piacere proibito, immagine di una realtà da reprimere. Troppe sono infatti le angherie alle quali il Chiron adolescente (interpretato da Ashton Sanders) del secondo capitolo del film deve sottostare e da cui sarà segnato in modo indelebile, vedendo falliti i tentativi di affermare la propria identità, mentre parallelamente combatte con una madre sempre più stordita ed abbrutita dalla droga.

Quando il peso della rabbia e del dolore accumulati diventa insostenibile, Chiron finalmente si ribella, pagandone sulla sua pelle le conseguenze. Black è il nome con cui Chiron, divenuto uomo, si fa chiamare, lo stesso con cui era conosciuto Juan. E proprio come Juan, Chiron, svestitosi nell’ultimo capitolo del film dei panni del ragazzo esile e deriso, veste quelli dello spacciatore, rispettato, curato nell’immagine, fisicamente prestante e armato di denti d’oro e di pistola. Ma è solo il guscio. L’animo di Chiron è rimasto lo stesso, con tutte le sue insicurezze e le rinunce, che pesano come macigni, in un tentativo perenne di mettersi al riparo dalla vita e dalle sue delusioni. Sarà costretto a guardarsi allo specchio con verità quando il passato, col volto di Kevin, tornerà a bussare alla sua porta. E a pochi passi dal mare e dalla luce della luna cercherà di sbrogliare le sue emozioni e mettersi a nudo. 

Moonlight è un film intenso, essenziale e a tratti poetico, fatto più di sguardi e di silenzi che non di parole. Non è un film sull’omofobia: la discriminazione sessuale di cui il protagonista è vittima  è infatti piuttosto l’incipit per un discorso più ampio che il regista affronta. Se ogni uomo nero, illuminato dalla luce della luna, è blu, come dice Juan, è soprattutto vero, come egli stesso afferma, che ogni uomo sceglie chi essere. È tutto racchiuso in questa espressione il senso del film, l’esplorazione nell’animo di un uomo, attraverso le tappe della sua vita, incapace di manifestare a sé e al mondo, da bambino come da adulto, la propria identità, non solo sessuale.  Di fronte alla pellicola di Jenkins non si può non immedesimarsi nel dolore di Chiron, non si può restare indifferenti a quel groviglio di emozioni costantemente bloccate nel petto e che forse -ma forse troppo tardi- trovano nel consolatorio abbraccio finale tra i due amici un canale per venire finalmente alla luce.

Maria Marobbio

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