04/03/2017
Cinema: 'Rosso Istanbul', il nuovo film di Ferzan Ozpetek

Esattamente dopo vent’ anni il regista Turco, naturalizzato Italiano, Ferzan Ozpetek torna a girare in patria il suo nuovo film tratto dal romanzo autobiografico scritto nel 2013. E mentre il romanzo si apre con il ritorno a casa dell’autore in aereo il film ci regala una meravigliosa e luminosa panoramica del Bosforo, metafora che dominerà tutta la pellicola.
Orhan Sahin, uno scrittore che deve la sua fama a una raccolta di favole anatoliche, torna ad Istanbul dopo vent'anni di esilio autoimposto a Londra. Il suo compito è fare da editor a un celebre regista, Deniz Soysal, che ha scritto un libro in cui sono contenuti ricordi d'infanzia e giovinezza, nonché amori, amici e parenti: questi ultimi ancora vivi e presenti nella Istanbul contemporanea, e pronti a presentarsi al cospetto di Orhan. Soysal invece, dopo un breve contatto iniziale scompare, e qui inizia un gioco di specchi; la vita dell’editor si fonde con quella del regista, Sahin entra nel suo mondo degli affetti con un coinvolgimento personale che sorprenderà lui per primo.
Un film che pur discostandosi dalla trama originale del libro, troppo soffusa e intima per poter essere trasportata visivamente, è una ragnatela di emozioni lentamente tessuta che avvolge lo spettatore catturandolo e portandolo nel cuore di una Istanbul accogliente, calda e sensuale eppure superficiale, una madre complessa e contraddittoria di cui non si può fare a meno. Gli insondabili occhi blu di Orhan ci guideranno nei ricordi attraverso il passato in un elaborazione del dolore che lo porterà alla scoperta di sé stesso, alla voglia di superare il dolore solo attraverso l’amore incarnato dalla splendida Neval, la donna che irrompe come una furia e distrugge gli argini di una sofferenza a lungo sopita.
Un film giocato soprattutto sul silenzio, un dialogo intimo fatto di sguardi tra i protagonisti, splendidamente interpretati da attori turchi in stato di grazia. Splendido uso delle immagini, una casa che si svuota, le foto ingiallite, i personaggi attorno a tavole imbandite, un classico del regista turco, un vecchio negozio di replica orologi, iil rosso di un tramonto che si fonde con le acque blu del Bosforo confine naturale tra due mondi, che significa letteralmente “ passaggio”, un passaggio metaforico attraverso il dolore per riscoprire la propria anima.
Una dichiarazione d’amore alla propria terra quella di Ozpetek, per questo Istanbul diventa vera protagonista della pellicola con le sue luci, i suoni delle trivelle che distruggono per fare nuovi spazi e che incessantemente rimbombano nel film, i richiami dei muezzin, le voci delle madri del sabato che dal 1995 si incontrano instancabiii ogni settimana a piazza Galatasaray a chiedere giustizia per i propri figli scomparsi dopo l'ondata di arresti per mano della polizia, lo sciabordio delle acque e i rumori delle navi che si allontanano. La frase scelta per voi: 'Chi guarda troppo il passato non vede il presente'. Buona visione
Marilisa Pazienza

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