02/02/2017
Cinema: 'Arrival'. La fantascienza umanista di Denis Villeneuve

Presentato in concorso alla 73^ edizione della Mostra del Cinema di Venezia e uscito nelle sale italiane il 19 Gennaio, Arrival è il nuovo, interessante film di fantascienza del regista canadese Denis Villeneuve (Sicario), che ha di recente ottenuto, tra le altre, le candidature ai prossimi Oscar come miglior film e miglior regia. La pellicola, che vede protagonisti Amy Adams, Jeremy Renner e Forest Whitaker, è basata sul racconto “Storia della tua vita”, di Ted Chiang ed è sceneggiata da Eric Heisserer.
Louise Banks (Adams) è una professoressa universitaria di lingue con un doloroso passato alle spalle: ha infatti vissuto il dramma della morte di sua figlia, malata di cancro. Per le sue notevoli competenze linguistiche viene reclutata per far parte di una squadra che fronteggi un’emergenza a dir poco inaspettata: l’atterraggio, in diverse regioni della Terra, di 12 navicelle aliene, che i militari statunitensi chiamano “gusci”. La squadra, guidata dal colonnello Weber (Whitaker) e nella quale entra a far parte anche il fisico Ian Donnelly (Renner), parte alla volta del Montana, dove il guscio atterrato sul suolo americano staziona. Perché gli extraterrestri sono giunti sulla Terra, quali sono i loro piani? Queste le domande alle quali viene chiesto alla protagonista di trovare una risposta e di farlo nel più breve tempo possibile. La posta in gioco è alta: la sicurezza dell’umanità. È forte il malessere che Louise vive all’inizio; i primi contatti con gli alieni, due eptapodi che vengono soprannominati Tom e Jerry, sono scioccanti, ma il suo desiderio di stabilire una comunicazione con loro, di comprendere in che modo poter comunicare e il sostegno di Ian la spingono a perseverare.
Louise intuisce che una comunicazione verbale non è la strada giusta, piuttosto è la scrittura la chiave per entrare in contatto con loro, che scopre comunicare con complessi simboli circolari. Una volta interpretati e costituito un discreto vocabolario di base, Louise è in possesso degli strumenti sufficienti a porre loro le domande, le cui risposte tutto il mondo aspetta. Quando tra i simboli disegnati dagli alieni compare quello corrispondente ad armi, la situazione precipita e la Russia e la Cina sono pronte alla guerra. Sarà ancora compito di Louise comprendere cosa si cela dietro le “parole” degli eptapodi, mantenere in piedi gli equilibri mondiali e fare la sconvolgente scoperta della straordinaria capacità da lei acquisita dal contatto con gli alieni, quell’arma che essi stessi volevano offrire all’umanità. Una scoperta che cambierà la vita della donna e sovvertirà del tutto, agli occhi dello spettatore, la linea temporale della sua esistenza.
La possibilità di scegliere e di essere artefici del proprio destino nonostante il dolore, la comunicazione, le immense possibilità che essa fornisce ma anche i pericoli derivanti da una scorretta interpretazione del linguaggio o potremmo dire il non voler e volersi capire, sono i temi portanti della pellicola di Villeneuve, che utilizza allo scopo una condizione estrema, la comunicazione con creature aliene. Queste ultime “tornano al cinema” in una veste priva di quelle connotazioni minacciose che spesso le hanno caratterizzate sul grande schermo per essere qui presentate in maniera quasi amichevole ed affettuosa e soprattutto come possibile occasione di cooperazione con e per l’umanità.
Arrival è un film affascinante e delicato, merito tanto della sceneggiatura che delle scelte registiche; particolarmente efficaci quelli che sembrano essere flashback, che vive la protagonista, e che si riveleranno poi essere premonizioni. Il tutto è supportato dall’ottima fotografia di Bradford Young e dalla colonna sonora di Jóhann Jóhannsson, che accompagna l’immergersi dello spettatore nell’ambiente nebuloso del “guscio”, dove il senso di claustrofobia e tensione lascia spazio pian piano ad una distesa curiosità. E se il mondo appare troppo angusto all’interno della base militare in cui i personaggi si muovono per la gran parte del tempo, sono le distese sconfinate del Montana a restituire un senso ampio e confortante dello spazio. Crescente è la tensione emotiva, con un primo tempo più debole-è serpeggiata una certa delusione iniziale-e un secondo tempo energico ed avvincente, fino alla risoluzione finale della vicenda, una vicenda, essenziale e per certi versi poetica, intrisa di umanità.
Maria Marobbio

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