napoleggiamo
up
home

06/11/2016

Libri: 'L’ultimo rifugio’, di Imre Kertész

Libri: 'L’ultimo rifugio’, di Imre Kertész

Il mese di novembre si è aperto nel segno di una nuova eccezionale pubblicazione: l’ultimo libro di Imre Kertész. ‘L’ultimo rifugio’, questo il titolo dell’opera, per l’editoreBompani,  è l’ultimo pezzo di vita dell’autore ungherese di recente scomparso. Questo è un libro prezioso, come l’intera produzione di Kertész. Egli è stato uno degl’ultimi testimoni diretti dell’orrore delle deportazione ad Auschwitz e che nonostante tutto, fino all’ultimo giorno della propria esistenza ha nobilitato sé e il mondo letterario attraverso lavori di traduzione, scrittura di romanzi e drammaturgie incommensurabili.

Forse perché conscio dell’imminente fine della propria vita, lo scrittore ebreo attraverso la scrittura de ‘L’ultimo rifugio’,  si è dedicato alla stesura di un diario personale e sincero, raffinato e doloroso, che allo stesso tempo però è un racconto. Ritroviamo così insieme l’ultima, spontanea volontà di mettersi in gioco, davanti agl’occhi di tutti, raccontando una storia personale che è una storia di tutti. Ritroviamo così le faticose sequenze sulla persecuzione razziale, in conseguenza di questa la fuga dalla propria terra all’età di quindici anni e il crollo successivo del suo regime totalitario. Vediamo un giovane comunista, ben saldo nelle proprie idee, resiliente e ostinato, che dopo aver intravisto il tracollo dello stato socialista torna a vivere a Berlino. Quello stesso teatro di morte che sembrava essere una condanna da giovane, ora , in una tranquillità personale rinnovata, gli permette di riscoprire l’amore della scrittura che per l’autore è un esercizio di dignità. Lì si lascia coinvolgere da ogni pensiero e manifesta  attraverso la carriera di romanziere e drammaturgo, perchè praticare la letteratura dà una libertà all’individuo, capace in tale modo di riscoprire il passato, raccontarlo per non dimenticarlo, e immaginare un futuro diverso.

La chiara intensione di lasciare una memoria del vissuto si mescola allora ad uno straordinario sguardo critico, che da sempre ha accompagnato Kertèsz che appena adolescente pubblicò il suo primo libro. L’impostazione generale è variegata di temi ma assolutamente sistematica. E in questa sapiente precisione dello schema narrativo si inserisce la straordinaria immagine del “rifugio”, come sede, salvezza, luogo benefico dove la scrittura, lo scrittore e la sua Storia hanno sede al riparo da qualsiasi attacco della confusione e della talvolta truce  mente umana che non riesce ad insegnare il senso del passato alla generazione contemporanee.

Sono passati oramai molti decenni dalla fine del Secondo conflitto mondiale, secondo l’autore ungherese non siamo in grado di affrontare il presente facendo tesoro delle guerre, della fame, dell’orrore che tanto hanno piegato la dignità dei carnefici e delle vittime, che saranno sempre troppe eppure la loro memoria sta sbiadendo. Nulla sembra riguardarci, nessuna tragedia, nessuna nuova guerra; ma quel passato che tanto ha segnato Kertész non può non avere conseguenze, positive e negative.

Questo libro è di eccezionale portata storica e letteraria. Non tutti gli autori che hanno vissuto l’esperienza dei campi di sterminio, comprensibilmente sono riusciti a narrare una svolta, un cambiamento possibile nel futuro. Kertész, invece, urla ancora a testa alta che dobbiamo guardare agli accadimenti in modo specifico, fiducioso e consapevole che è dai nostri occhi che possiamo imparare a guardare.

 

Annalisa Davide

twitter

Spazio Sponsor: