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11/09/2016

Libri: 'La barca dei folli’, di Stefano Dionisi

Libri: 'La barca dei folli’, di Stefano Dionisi

Stefano Dionisi, già attore affermato, è l’autore del recente libro ‘La barca dei folli’, edito da Mondadori, un memoir difficile, un tragico viaggio della mente che viene condiviso in centotrenta pagine di intensa sincerità. Tutto ha inizio in Spagna mentre Dionisi sta girando un film; improvvisamente viene colto da un grave attacco di panico dal quale non riesce a riprendersi immediatamente. Fugge in un paesino desolato nell’Estremadura, e lì viene sottoposto a delle cure preliminari per poi essere trasferito in Italia dove inizierà un lungo e travagliato percorso di cura. In Toscana, vicino Pisa, con un affermato psichiatra si sottopone alla psicoanalisi attraverso la quale l’uomo indaga i più vecchi disagi e mai rimarginate ferite del cuore.

Il primo profondo problema che viene a galla è la mancanza del padre che quando egli era bambino lo aveva abbandonato. Questa perdita negl’anni si era indissolubilmente legata ad un senso di colpa. La causa di ogni fallimento nella vita era legato a quel vecchio abbandono, così il medico consiglia all’attore di cercare il proprio genitore per confrontarsi con il senso di colpa. Da questo momento in poi vengono descritti una serie di incontri che Dionisi fa nel mondo della terapia psichiatrica, nell’ambiente delle cliniche dove fa conoscenze inaspettate: un infermiere che gli chiede di aiutarlo a farsi strada nel cinema, Giovanni Battista che crede di essere un santo, e così tanti altri.

La particolarità dei racconti di questi incontri è la straordinaria naturalezza con la quale lo scrittore si rappresenta, integrato trai malati, non nasconde il suo disagio, non se ne vergogna. Riesce a fare ciò che molti autori oggi solo tentano di fare: descriversi senza pensare di essere molto diversi da chi vive insieme a noi. Dionisi sa di essere malato e non commenta, solo descrive gli altri malati, non è un ospite di riguardo nelle cliniche, sul letto dello psichiatra, a Pisa come a Roma, nei momenti di illusa guarigione come in quelli reale tranquillità. E in questo sommessamente traspare la propria voglia di vivere, il sapere vivere dell’artista che è.

La prosa è varia, procedi a scatti poi rallenta, il senso di morte, il toccar la follia con mano non sono velate dal progetto di far apparire il tutto come un romanzo. Di particolare interesse è l’atto di non esaltazione della follia; non si intravede neppure la tentazione di rendere la follia un’espressione altra del talento, della sensibilità dell’autore. Negl’ultimi decenni si fa un gran parlare di questo tema, nella letteratura e nel cinema. È una caratteristica di tanti personaggi di opere antiche. Qui invece è una parte essenziale del racconto, che fa male al cuore, commuove, rapisce proprio perché è sinceramente parte integrante di un percorso di vita nel suo insieme straordinario.

Questo libro è un grande segnale per la letteratura contemporanea: dimostra ancora una volta che un attore, un musicista possa effettivamente essere uno scrittore capace. Fa riflettere sul fatto che attori e artisti di altro tipo abbiano migliori riferimenti letterari di tanti scrittori italiani e sappiano così dare un contributo speciale alla prosa prendendo ancora spunto “solo” dalla propria vita.

Annalisa Davide

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