29/08/2016
Libri: 'Se avessero', l'opera ultima di Vittorio Sermonti

Vittorio Sermonti racconta se stesso, pubblicando un libro che ha avuto una gestazione lunghissima, che sembra raccontare solo il vissuto dell'autore, ma con un linguaggio aulico, crudo e sincero, racconta un pò una storia di tutti. 'Se avessero' è il titolo dell'opera ultima, come la definisce lo stesso autore, di Vittorio Sermonti, saggista, dantista, regista di teatro e tv, poeta e docente, laureato in Filologia Moderna presso La Sapienza di Roma, sua città natale dove nacque nel 1929.
E' un titolo che racchiude un aneddoto familiare rimasto impresso nella mente dello scrittore e che rappresenta l'inizio di una narrazione complessa, che racchiude al proprio interno una sintesi delle grandi tappe della vita di Sermonti. L'ambientazione inziale è quella di Fiera di Milano, di una casa nella quale l'adolescente Vittorio cresce con altri sei fratelli e i genitori, nella quale si vive la battuta d'arresto del regime fascista, della confusione che i partigiani, in numero di tre, un giorno evitando di uccidere il fratello Rutilio, generano nella mente del poeta che come tutti gli adolescenti si sente vivere per la prima volta e viene travolto da enormi e orrendi eventi storici.
Dal ricordo del mancato omicidio di Rutilio -scomparso nel 2015- quel tecnico lettore amante di Dante inizia a srotolare settant'anni di vita. La scrittura è subito tagliente e veloce, ferisce la lenta prosa classica pur senza tralasciare nessun dettaglio, come quelli della descrizione in cinque pagine della propria casa a Fiera, nella quale si rivede bambino e, attraverso un eccezionale e rapido capovolgimento del linguaggio, Sermonti si descrive attraverso una lingua passata, dell'infanzia, coerente e onesta rispetto al tempo narrato. L'opera è quindi autobiografica ma è anche un esempio di originale prosa contemporanea nella quale la lingua esprime, ovviamente in modo variegato, tutta la tipicità linguistica di ogni mestiere artistico e intellettuale che l'autore ha praticato.
Tuttavia resta invariata una certa ostilità nella lettura, che è scorrevole ma fagocitante. L'uomo di cultura si sovrappone all'essere umano, in quanto creatura impefetta, e quello che ne viene fuori è un ritratto storico a tratti personalissimo ma anche comune. Specialmente a proposito di alcuni segmenti storici considerati frammentari, bui, incoerenti, per molti irrisolvibili, come quelli degli anni del delitto Moro, del suo caso che sommessamente ha strisciato per decenni al di sotto degli eventi loschi anche di quella sinistra nella quale Sermonti ad un certo punto crede ciecamente, degli anni sovversi e difficile della Praga degli anni '60, si ha la sensazione di vivere con questo autore un'altra vita, una coscienza emozionale e storica che ci permette, all'età dei suoi quasi ottantasette anni, di definire con certezza Vittorio Sermonti: un uomo che ha raccontato la propria vita attraverso la letteratura e ha fatto della letteratura un diverso di vedere la vita, un modo dedicato a tutti.
Annalisa Davide

Spazio Sponsor:
