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24/08/2016

Napoli: a Palazzo Zevallos Stigliano il celebre Arlecchino con specchio di Picasso

Napoli: a Palazzo Zevallos Stigliano il celebre Arlecchino con specchio di Picasso

Passeggiare nel pieno di Agosto per una via Toledo brulicante di turisti, italiani ed internazionali, sembra quasi un sogno. Eppure oggi è realtà ed è probabilmente anche una piccola grande vittoria per la nostra città, che quest’estate è stata letteralmente presa d’assalto dai vacanzieri. Tante le offerte culturali e altrettanti i poli museali aperti. Tra questi spicca Palazzo Zevallos Stigliano, incredibilmente sconosciuto a molti napoletani, eppure vero e proprio gioiello sito nel cuore di Napoli (Via Toledo 185), che alla fine del ‘600 veniva descritto come “sontuoso e gran Palazzo in strada Toledo che rende ammirazione a chi lo vede”. Quella stessa via Toledo che Stendhal amava definire “la strada più popolosa e allegra del mondo”.

Costruito agli inizi del ‘600, il Palazzo ha subito via via dei rimaneggiamenti che gli hanno conferito l’aspetto attuale, senza tuttavia perdere minimamente quell’impronta aristocratica ed elegante che lo caratterizza. Sebbene la facciata, ad esempio, abbia perso il carattere seicentesco, è ancora integro il sontuoso portale in marmo e piperno attraverso cui si accede all’interno del Palazzo. Quest’ultimo è stato sempre al centro delle vicende culturali e storico artistiche di Napoli, ospitando nel corso dei secoli artisti di grande fama, potremmo dire una sorta di dimora del mecenatismo. Il doppio nome che reca il Palazzo è dovuto all’appartenenza dello stesso negli anni a due diverse famiglie. Giovanni Zevallos, ricco mercante spagnolo, ne fu il primo proprietario nonché committente della sua costruzione, iniziata nel 1635. Successivamente, nel 1688, per questioni dinastiche, il Palazzo passò ai Colonna, che acquisirono poi il titolo di principi di Stigliano. Dopo numerosi passaggi di proprietà, tra la fine dell’800 e il 1920 il Palazzo è stato acquisito dalla Banca Commerciale italiana e dal 2001 è parte delle cosiddette Gallerie d’Italia, insieme con le Gallerie di Piazza Scala a Milano e le Gallerie di Palazzo Leone Montanari a Vicenza. Si tratta di un progetto di Intesa Sanpaolo, che ha creato una rete di poli museali in Italia per valorizzare e condividere con il pubblico il grande patrimonio artistico, storico e architettonico di proprietà della Banca.

Grande attrattiva di Palazzo Zevallos Stigliano tanto per i napoletani che per i turisti è la presenza dallo scorso 18 Giugno e fino all’11 Settembre di uno dei capolavori più amati e conosciuti di Pablo Picasso, Arlecchino con specchio (nella foto in basso). Il dipinto proviene dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, che al contempo accoglie, in una sorta di gemellaggio artistico (che prende il nome de L’Ospite Illustre) Il Martirio di Sant’Orsola, facente parte della collezione di Intesa Sanpaolo e abitualmente esposto nel Palazzo di Via Toledo, nella cosiddetta Sala degli Stucchi (in origine camera padronale). Si tratta dell’ultima, straordinaria tela di Caravaggio, che è attualmente esposta al Thyssen nell’ambito della Mostra Caravaggio y los pintores del Norte.

Arlecchino con specchio, grande capolavoro del ‘900, è quindi accolto nella preziosa cornice architettonica sita nel centro di Napoli ed è visitabile nel salone d’ingresso, il cosiddetto salone per il pubblico, un tempo grande cortile seicentesco. Il quadro appartiene alla serie degli “Arlecchini Seduti”, realizzata da Picasso nel 1923 dopo il viaggio del pittore spagnolo in Italia nel 1917, che fu per lui occasione di ritrovare interesse per la tradizione classica, aderendo al cosiddetto movimento del “ritorno all’ordine”. La tela richiama chiaramente la prima produzione artistica di Picasso, quella in cui figure quali acrobati e pagliacci animavano i suoi dipinti. Il protagonista del quadro, infatti, ha un unico elemento che lo assimila alla famosa maschera veneziana di Arlecchino, il cappello a due punte. Al contempo si apprezzano il volto ricoperto di cerone, chiaro richiamo a  Pierrot e l’abito che rimanda immediatamente all’abbigliamento dei trapezisti del circo classico. Malinconia e tenerezza permeano la tela, che indica simbolicamente la condizione di emarginazione del grande pittore cubista, la stessa che caratterizzava le figure da lui dipinte. A Picasso è legata anche la più famosa maschera napoletana, quella di Pulcinella; sono di Picasso infatti le scenografie e i costumi per il balletto Pulcinella di Stravinskij, per la realizzazione dei quali furono indispensabili le esperienze vissute durante il suo soggiorno a Napoli.

Attraverso uno scalone di gusto tra il Neoclassico e il Liberty si accede alle sale del secondo piano, dove sono esposte le opere facenti parte della collezione permanente, che consentono di intraprendere un vero e proprio viaggio attraverso la pittura napoletana del Seicento e del Settecento fino all’Ottocento e alla produzione artistica di Gemito. Nelle sale dedicate al Seicento è possibile ammirare, oltre all’ultima opera di Caravaggio, tele quali Sansone e Dalila di Artemisia Gentileschi, Giuditta decapita Oloferne di Louis Finson, Ratto di Elena di Luca Giordano, nonché quadri di Bernardo Cavallino e Francesco Solimena. Le opere di Francesco De Mura e Gaspare Traversi sono invece sicuramente le più rappresentative della pittura del Settecento. Da sottolineare anche lo spazio dedicato alle nature morte di Ruoppolo, De Caro, Porpora e Recco. Particolarmente ricco lo spazio espositivo dedicato all’Ottocento, con una prima sezione dedicata alle vedute di Napoli della Scuola di Posillipo, alle piccole tele di Pitloo e a numerosi dipinti, tra cui quelli di Gigante e la straordinaria Dama col ventaglio di Domenico Morelli.

Le strade, l’interno degli edifici e i luoghi d’incontro come l’ippodromo e la villa comunale sono invece i soggetti delle tele della cosiddetta Scuola di Resina che segna il passaggio dei pittori napoletani al naturalismo. L’esposizione si conclude con l’ampia sezione dedicata a Vincenzo Gemito. Autoritratti pregni del disagio psichico che tormentava l’artista, volti di donne, disegni realizzati con materiali e tecniche diverse si accostano a ritratti realizzati prima in terracotta e poi, in modo più sofisticato, in bronzo

Maria Marobbio

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