03/03/2016
Cinema: 'Lo chiamavano Jeeg Robot', storia di un supereroe italiano.

Un’interessante sorpresa per il cinema italiano è la pellicola dell’esordiente Gabriele Mainetti, Lo chiamavano Jeeg Robot, che vede protagonista Claudio Santamaria, che si conferma tra gli attori italiani in circolo di maggiore spessore e come co-protagonista/antagonista Luca Marinelli, che ricordiamo per le ottime interpretazioni in La Solitudine dei Numeri Primi e Tutti i Santi Giorni. Con loro anche Ilenia Pastorelli (concorrente della 12^ edizione del Grande Fratello) nelle vesti della protagonista femminile.
Tor Bella Monaca, periferia di Roma. Una realtà violenta, malfamata, crudele è quella in cui si articola la storia di Enzo Ceccotti (Santamaria) e di quello che diventerà il suo rivale, Fabio, detto “lo zingaro”. Il primo è un uomo reso duro dalla vita, che protegge le sue ferite con una corazza che lo separa dal resto del mondo. La sua vita procede miseramente tra espedienti per sopravvivere, vasetti di budino e film porno, senza affetti, senza amici, senza prospettive, in una casa che è un tugurio.
La rapina di un orologio d’oro con relativa fuga tra le vie del centro di Roma, lo porta sulla riva del Tevere, dove, per dileguarsi dai poliziotti, non gli resta altro da fare che gettarsi in acqua. Sprofondato in un contenitore di sostanze radioattive depositato sul fondo, gli accade qualcosa di imprevisto: febbre, brividi e vomito sono il preludio all’acquisizione di una forza sovraumana, di cui inizialmente non è cosciente. Reclutato da un malvivente del quartiere, Sergio (Stefano Ambrogi), suo vicino di casa e padre di Alessia (Pastorelli), è coinvolto in un traffico di cocaina tra un clan napoletano, con a capo la feroce Nunzia e la banda dello zingaro, giovane “leader” dallo smisurato desiderio di fama e successo.
Nel corso di un incidente di percorso, Enzo cade da un’impalcatura schiantandosi per terra ma miracolosamente si ritrova vivo, assistendo all’immediata guarigione delle sue ferite. Capisce così che gli è successo qualcosa di straordinario con la quale è “costretto” a familiarizzare. Intanto Sergio è rimasto ucciso e il carico di droga è andato perso; la vita di Alessia, fragile e ingenua come una bambina e con evidenti problemi psichici, è così in pericolo ed Enzo, suo malgrado si ritrova a diventare il suo eroe. La ragazza non ha dubbi, Enzo è Hiroshi Shiba, il protagonista dell’anime Jeeg Robot, l’eroe giapponese che aspettava per essere salvata, da sempre amato.
Le sue gesta iniziali, tutt’altro che nobili per un supereroe, in breve gli danno grande fama, attirando l’odio e l’invidia dello zingaro, disposto a tutto pur di diventare come lui. Quando ci riesce, il duello è inevitabile e sarà l’occasione per Enzo di diventare il supereroe degno di tale nome, esattamente quello che la tenera Alessia, capace di avergli “scongelato” il cuore, si aspettava da lui.
Lo chiamavano Jeeg Robot è un film innanzitutto originale per il cinema italiano; si tratta infatti di uno dei primi esperimenti nostrani di film supereroistico (successivo solo a “Il Ragazzo Invisibile” di Salvatores) con un risultato finale più che positivo. Coraggioso quindi l’avventurarsi di Mainetti nel campo minato di un genere prettamente americano e difficilmente riproducibile con le stesse caratteristiche dalle nostre parti. La scelta vincente del regista è proprio quella di aver realizzato un prodotto differente, che non ha la presunzione di voler imitare alla buona qualcosa di ben noto ma di confezionare un film drammatico, non senza per questo elementi comici e a tratti surreali, e di azione allo stesso tempo, ma dall’impronta tipicamente italiana.
Il regista ci presenta un supereroe straordinariamente umano e paradossalmente realistico, che nel corso della pellicola lentamente muta e si evolve, riscattando infine la sua vita miserabile, altrimenti destinata al fallimento totale, umano, affettivo e sociale. Il film è crudo, spietato e restituisce allo spettatore vividamente il contesto sociale in cui la trama, ben articolata, si sviluppa. Molto ben caratterizzato anche il personaggio dello zingaro, capo banda psichedelico, ai limiti della follia, con una certa somiglianza rispetto a Joker di Batman; molto convincente infatti è la prova di Marinelli, che perfettamente si fonde con il suo personaggio, di certo di non facile interpretazione. La fotografia, il montaggio, i dialoghi essenziali e le simpatiche citazioni dal cartoon di Jeeg Robot d’Acciaio, contribuiscono anch’esse notevolmente all’ottima realizzazione del film.
Maria Marobbio

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