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30/10/2015

È tornato al cinema il più famoso ragioniere d’Italia: Ugo Fantozzi.

È tornato al cinema il più famoso ragioniere d’Italia: Ugo Fantozzi.

Da lunedì 26 a mercoledì 28 ottobre alcune sale cinematografiche hanno realizzato un piccolo grande sogno di tanti appassionati del cinema italiano. È stato infatti possibile rivedere sul grande schermo “Fantozzi”, primo episodio dei dieci film che hanno per protagonista Paolo Villaggio nelle vesti di goffo e servile impiegato d’azienda, alle prese con le piccolezze della società e con lo sfruttamento dei capi. La pellicola è stata infatti restaurata (in 2k) e riproposta al cinema in occasione del quarantennale della sua uscita (1975); la prossima settimana sarà la volta del secondo episodio, “Il Secondo Tragico Fantozzi”.

Entrambi i film sono diretti da Luciano Salce e rappresentano una un vera e propria finestra aperta sulla società e sulla cultura medio borghese degli anni ’70, risultando-e possiamo confermarlo dopo l’ennesima visione-ancora estremamente attuali, anzi, paradossalmente, come dichiarato dallo stesso Villaggio, sono ancora più aderenti oggi alla realtà di quanto non lo fossero in passato. I primi due capitoli-senza dubbio i migliori-di quella che è diventata con gli anni una vera e propria saga delle infelici avventure del ragioniere Ugo Fantozzi, sono tratti dai romanzi scritti dallo stesso Villaggio rispettivamente nel 1971 e nel 1974 (editi da Rizzoli). All’attore genovese è riconosciuto a parere unanime il merito di aver guardato in modo assolutamente originale e prima di chiunque altro alla realtà italiana in una fase di profondo mutamento, nella quale i valori e i modelli comportamentali stavano progressivamente cambiando rispetto a quelli tradizionali. Cambiamento che possiamo dire aver raggiunto forse la massima espressione proprio nei nostri giorni ed è per questa ragione che l’opera di Paolo Villaggio può essere definita geniale, entrando di diritto nella storia del cinema italiano, accanto a quella dei cosiddetti “mostri sacri”.

Tutto in “Fantozzi” ha fatto in qualche modo storia, dalla temibile “nuvola dell’impiegato” alla “poltrona in pelle umana”, passando per il “megadirettore” e per la colonna sonora (“uacciu uari uari” vi dice niente?) tanto da entrare spesso persino nel linguaggio comune e tracciando, insieme al secondo capitolo, la strada che verrà percorsa nei successivi film. Con la regia di Neri Parenti, questi finiranno col diventare a mano a mano sempre più ripetitivi, sino a perdere quella surreale aria tragicomica e quella cinica visione del mondo che è stata il punto di forza dei primi due film, fino a trasformarsi in una triste pantomima negli ultimissimi episodi. “Fantozzi” ci presenta il personaggio del ragionier Ugo, in tutte le sue misere umane sfaccettature. È un uomo il cui nome viene sempre storpiato, quasi a negarne la reale esistenza, che sembra subire la vita, insicuro, incapace di farsi rispettare tanto dai capi quanto dai colleghi (Calboni, su tutti), pronto ad umiliarsi nelle più svariate circostanze. È ancorato a piccole certezze: la fedeltà della moglie Pina (Liù Bosisio, che verrà poi sostituita da Milena Vukotic) e la presenza dell’orrenda figlia Mariangela (Plinio Fernando), rituali quotidiani, la “Bianchina”, il basco che porta sul capo.

Nel film la storia procede attraverso corse mattutine per timbrare in tempo il cartellino in azienda, la partita di calcetto “scapoli contro ammogliati”, impacciati tentativi di conquistare le attenzioni della collega Sig. na Silvani (Anna Mazzamauro), visioni mistiche, gag esilaranti col maldestro compagno di avventure nonché organizzatore di turno, geometra Filini (Gigi Reder), un improbabile cenone di Capodanno in un sottoscala, un’insolita cena giapponese, un’indimenticabile sfida al biliardo, ghiotta ed unica occasione di riscatto dalle angherie delle alte sfere. Ma quando Fantozzi prova a ribellarsi al sistema il risultato è penoso: il megadirettore, dalle sembianze divine, lo riporta sulla retta via, quella dell’obbedienza e della sottomissione.

Si ride con intelligenza e sarcasmo, si riflette, si prova perfino amarezza guardando “Fantozzi”; sicuramente si guarda un pezzo di storia contemporanea ed è inevitabile domandarsi se non ci sia un pochino del più umiliato ragioniere d’Italia in ciascuno di noi.

Maria Marobbio

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